12 dicembre, pomeriggio a City Conference Centre
Una signora al computer, gonfi capelli grigi, faccia seria della svedese che non deve chiedere mai.
Un romano, dal cappello e la sciarpa coordinate, comprati dalla moglie prima di partire esce dal bagno con la faccia di chi ancora non ha capito dove si trova.
Una spagnola e un tedesco parlano un inglese zoppo e divertito.
Un ragazzo dai capelli artificialmente bianchi e pettinato come elvis emana una sensazione di fumetto.
Organizzatissimi yuppie lavorano ai computer, tutti, rigorosamente, con una mela luminosa sopra.
Una cameriera troppo magra porta via alla svelta i vassoi in un carello.
Un bambino imperversa e un papá lo sorveglia divertito.
Io mi godo il caldo e la quiete, dalla vetrata vedo la fontana di Sergels torg che con rigore scandinavo cambia colore, le luci di natale, l’odore di glögg, il freddo tremendo che entra in ogni pertugio, il fatto di essere qui.
La gente va e viene, si scompone e ricompone, sedie, poltrone, tavolini vengono riordinati alla bisogna.
È l’inverno che ho voluto, l’inverno di cui avevo bisogno.
A domani anime vagabonde.
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