Italiani, Curdi, una faccia una razza.
“Non abbia paura di perdere il treno. Questa città è piccolissima e la conosco come le mie tasche! In dieci minuti vado da una parte all’altra!”
Ha gli occhi chiarissimi, quasi trasparenti, color vetro. Come i miei.
È in su con gli anni e ha corti capelli bianchi. Come i miei.
Non la smette di parlare.
Come me.
“Sa che oggi è la festa della donna? Al mio paese avremmo fatto enormi sfilate!”
“Da dove viene?”
“Dal Kurdistan”.
“Davvero? Pensi, il mio dentista viene dall’Armenia!”
Esclamo come se l`Armenia si trovasse dietro l`angolo.
“Con gli armeni dividiamo tristi storie, noi curdi…”
Mi dice un pochino commosso.
“Noi e loro… tutti hanno cercato di cancellarci, un pochino ci sono riusciti, ma mica del tutto, sa? Adesso faranno degli scavi, dalle mie parti e ritroveranno quello che hanno cancellato, allora sarò felice, ah sì, sarò felice!”
Annuisco e guardo questo curdo, che guida il taxi a Södertälje, e mi parla in svedese, e un pochino mi somiglia.
“E lei di dov’è?”
“Italia.”
“Lo sapevo! Era chiaro! Siamo troppo uguali! Ma lo sa che se fa un cerchio che passa dal Kurdistan e fa il giro della terra tocca esattamente l’Italia? Siamo la stessa gente!
Abbiamo la stessa faccia!”
Mi viene da sorridere a pensare quanta gente, di tutti i paesi, mi abbia detto che abbiamo esattamente la stessa faccia.
Popolo bastardo e mescolato, biondo, moro, scuro, chiaro, normanno, greco, lombardo, etrusco, romano, spagnolo, arabo…
Quanta gente tutta insieme nel nostro viso.
L’India, l’Armenia, l’Iran, la Turchia, la Grecia, il Magreb, la penisola Iberica, persino la Germania e la Danimarca sono stati in Italia.
E il risultato è la mia faccia, uguale a quella di un curdo che dal centro di una piccola cittadina dello Svealand mi accompagna al treno per Stoccolma Centrale.
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