Caro Alessandro
Non ci conosciamo, solo una telefonata ieri sera perché per caso una mia conoscente sapeva di te che saresti partito e di me che quassù ci sono rimasto. Ti scrivo perché mi ha fatto tenerezza sentirti pronto a partire, con le domande consuete, servirà la macchina, costerà molto trovare casa, la città è troppo fredda, il tempo brutto, Ryanair a Skavsta airport un po' fuori di mano.
Io mi chiedevo se nella prima casa che avevano affittato ammobiliata per me ci sarebbero state le lenzuola. le misi in valigia, non c’erano, mi sentii tanto intelligente, poi era sabato e avevo dimenticato il sale a casa in Italia e fino al lunedì mangiai sciapo, non volevo andare in un ristorante da solo. Capii dopo che andare in un ristorante da solo in teoria è possibile, con un buon libro e qualcosa per scrivere.
Quando arriverai troverai lo strano tetto di rame della stazione Centrale, sulla via principale Vasagatan, la Metro che quassù si chiama Tunnelbana, il ristorante vicino Västmannagatan, dove andavo con Renato e Inger a mangiare aringhe affumicate e a ridere delle babbione, la guglia verde del campanile di Santa Clara, la piscina del Centralbadet, il parcheggio vicino al museo egizio, e il teatro Dramaten, dove una sera, da solo, vidi i Miserabili.
Chissà se incontrerai mai le persone del circolo italiano, quello con la foto di Gramsci e di Berlinguer alla parete, quello dove ho pianto e riso, quello dove mi sono appassionato e da dove, sono andato via incazzato come una bestia, quello che ogni tanto, ancora adesso, un po’ mi manca.
Capiterà che aprirai la finestra e vedrai che il cielo è grigio, scrollerai le spalle pensando che è grigio da settimane e non può cambiare, dopo nevicherà e sarai, incredibilmente, felice come un bambino piccolo.
Capiterà che ti misurerai col senso di solitudine che spesso Stoccolma mette addosso, al quale rimediavo scrivendo storie senza senso o prendendo un bus senza meta, e al quale, spesso, non rimediavo affatto.
Ricordati di Stockholm city bikes, quella che ti fa girare Stoccolma in bicicletta, ricordati l’autobus numero 143 che ti porta al lavoro, salutami tanto l’aeroporto, salutami il centro città e ricordati del Nordiska Museet dove conoscerai le gesta delle genti del Nord.
E se d'estate mi vedi in bicicletta oramai vecchio, con il berrettino Ferrari in testa e con l’auricolare nelle orecchie ad ascoltare la voglia l’allegria, o in autobus, con la musica di the Boss Bruce nelle orecchie, e guardare fuori con malinconia, sorridimi e dimmi che va tutto bene.
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