Un angelo di nome Renato
foto: Anna M Karimo |
Quando arrivai in Svezia dopo pochi giorni, al lavoro conobbi Renato. Per darmi il benvenuto si offrì da farmi da interprete. Dopo mi invitò a casa dei suoceri dove viveva con la giovane moglie che aveva sposato qualche mese prima nella sua Torino. Abitavano in una villetta non molto lontano dal posto dove lavoravamo. Era estate e mi accolsero in giardino. Mangiammo fragole e panna bevendo litri di caffè lungo svedese.
Diventò un mio amico.
Era anche un collega di quelli seri di pura razza piemontese. Di quelli che aspetti il suo intervento in riunione prima di fare il tuo.
Ma che era un amico, me ne accorsi subito.
Quando nel 1982 cambiammo casa per il grande amore di una minuscola casetta di legno rosso. La mattina venne con delle tavole e un arco di quelli già pronti, (impossibili da montare) un trapano, una sega, una valigia piena di chiodi, viti e bestemmie piemontesi messe insieme. E ci buttò giù una parete creando da due piccole stanze una unica zona giorno.
Non lo avrebbe fatto mio padre, non lo avrebbe fatto nemmeno il suo, lo fece lui per noi, perché conosceva me e mia moglie, un po' imbranati.
Renato era un comunista e ateo convinto ma sapeva incarnare perfettamente il moto evangelico: "Non sappia la tua sinistra"
Renato dava sempre una mano a tutti, dieci anni dopo ci rifece il tetto, senza mai chiedere niente in cambio, per un solo motivo: perché riteneva giusto farlo.
Non ho mai letto un retropensiero nel suo sguardo, non l’ho mai visto chiedere qualcosa per sé, l’ho sempre visto invece aiutare senza apparire, fare senza chiacchiere esserci senza pesare.
Sempre.
Oggi pomeriggio sono passato da questa strada dove il sabato venivamo a cercare quello che ci mancava.
Ho alzato gli occhi al cielo guardando l'angelo delle luminarie che sembra stia aspettando qualcuno per passare il Natale.
Ho sentito una voce: " Allora hai imparato a fare qualcosa?"
Qualcosa da te lo abbiamo imparato tutti.
A me molto, moltissimo, resta ancora da imparare.
*****