non ci sono santi
Ad Ottobre quassú non ci sono santi, arriva il freddo ed io inizio il mio personale periodo di letargo. Non che il freddo non mi piaccia, ve lo giá detto mi piace e anche tanto, purché sia vestito con abiti appropiati. Quando arriva il freddo poi non so perché io torno indietro nel negli anni. Ii mio primo inverno a Stoccolma con i giorni corti e bui, la coperta ancora piú corta, la voglia di dormire alle nove e mezzo di sera. Con il te caldo e un biscotto, con un bicchiere di vino proibito, con i calzettoni pesanti portati da casa con la voglia di pastina in brodo la sera.
Coi primi freddi, oggi come allora ho bisogno di tana, e di luci basse e calde, di sole radente sulla strada, di Mikka e le sue zucche, degli aceri rossi di Stoccolma oramai pronti a spogliarsi, delle rotonde palle di sorbo, della metro calda e veloce quella che la sera mi riportava a casa.
E sono ancora qui, in questa città, dove ho trovato casa, dove alle fine mi sono fermato, dove sono cresciuti i nostri figli, dove tutto era a posto, la casa dove ho imparato che per amare occorre essere in due. E adesso da solo, bisogna smettere di aver paura del buio, occorre saper remmendare un calzino, mettere una pianta a dimora, fare la lavatrice.
Questa cittá è casa mia, dove io sono diventato io, la mia casa nel freddo dell’inverno stoccolmese, la mia tana, con chi sará per sempre nel mio cuore, e dove ogni tanto, la sera, coi pensieri, Lei torna per restare un pò con me!
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