Autunno 1965
Autunno 1965.
Primi giorni a Stoccolma dalle parti di Slussen vicino alla Metro. Vent'anni e facevo fatica a capire dove mi trovassi veramente. Era l’età favorevole ai sogni. Dopo si è ripetuta più volte e magari chissà forse tornerà ancora. Mi accadeva di guardare e vedevo altro da quello che era consuetudine, imposizioni, regole e allora mi sembrava tutto facile e possibile. Apprendere qualsiasi cosa, trovare il bandolo per un’ascesa sociale senza pestare gli altri, governare il tempo essere libero con quella felicità che tocca l’assoluto, lasciarsi investire dall’ amore e viverlo senza pensare ad altro. Passione e ragione s’annodavano in canapi stretti e portavano la mia barca senza paura verso un ovunque che era la mia terra, la mia casa, il mio luogo d’esistere.
Guardavo la fatica di chi doveva apparire essere altro da sé e sorridevo. Quelle fatiche, quel non coincidere con i sogni propri ma con quelli altrui mi parevano una prigione spacciata per sicurezza e libertà. Non provavo invidie e non mi mancava ciò che non era mio. Poi la parte più ricca di sogni s’addormentava facevo i conti con gli obblighi vedevo passare davanti quelli a cui non avevo voluto pestare i piedi il mio tempo sembrava appartenere ad altri.
Mi restavano l’amore e le passioni che incessantemente si generavano, e con esse la forza per superare il grigiore delle abitudini e ricordarmi chi ero. Non ero una rimasticatura di realtà, non mi accontentavo del possibile e non facevo conti. Oppure li facevo ma sapevo che era una fase transitoria e che il tempo per correre sarebbe tornato. Non ho rubato nulla che non fosse mio. Chissà se tutti possono dirlo. E, spesso mi sono lasciato derubare. Non è stato sempre facile ma ho permesso che idee, impegni e fatiche fossero merito d’altri. Non sono né un santo né un eroe semplicemente non m’importava purché non toccasse la mia possibilità di sognare il nuovo e il vecchio fusi assieme.
Ora che sono vecchio e decido spesso che fare, che mi rifugio ed esalto nei libri che ascolto più il cuore della ragione guardo i miei coetanei che cercano ciò che hanno e lo gettano via pensando di essere ancora dei buoni produttori di rottami. No, non è così, sono rimasti intatti i sogni da sognare ma quelli usati sono finzione, realtà bisognosa di identità.
I sognatori sono solitari che vogliono stare assieme ma non lo pretendono hanno bisogno di parole che abbiano lo stesso senso nell’incontro senso si annoiano devono vedere la nudità dell’altro per mostrare la propria e hanno una caratteristica che li salva non giudicano perché essere assieme è una scelta d’ amore.
Ora voglio l'aria, l'odore del vento che sa di frumento!
Voglio la campagna, la terra da arare, un po' di calore!
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