La campagna di quassù è rovente d’estate
La campagna di quassù è rovente d’estate. Ricorda i miei di pomeriggi eterni e roventi, la strada polverosa e accecante dietro il casolare di zio Giovanni, l`asina all`ombra della stalla, la gatta appiattita sul tetto del forno all’ombra della quercia. La spighe del grano al sole, ridenti e gialle, quasi a monito del tempo che fuggiva: presto sarabbe stata mietitura e allora saremmo ripartiti, per me vacanze terminate, scuola a cui pensare.
La galline a passeggio mostravano incuranza, ma guardavano interessate zia Lucia al sospetto di qualche pranzo domenicale: la buccia di un cocomero, la pulizia delle verdure, una manciata di mangime. Un ragazzino inselvatechito, al caldo dell`estate, zoccoletti consumati, maglietta e pantaloni raccattati, un pallone sgonfio, un secchio di zingo con cipolla per annaffiare, una prugna mangiata sbrodolandosi. Guardo indietro quel bambino e mi inselvatichisco anch`io. Vorrei ogni tanto tornare in quel mio nascondiglio di bambino, guardare il mondo da lontano, protetto e nascosto, solo, perfettamente solo.
Ma poi il mondo mi manca, una voce amica mi chiama, io sorriso e esco fuori dal nascondiglio.
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