C'era una volta
C'era una volta un lungo viale alberato. Oggi come allora una giornata da sogno: autunno svedese caldo ma non da morire un alito di brezza che mi metteva di buon umore. Completamente solo. Non c’era nessuno in giro quel pomeriggio di tanti anni fa mentre imboccavo Älvsjövägen un lungo viale alberato. Strada da me sconosciuta e intrigante. Ero da poco arrivato a Stoccolma reduce dello stress dell’esame di maturità nell'unico istituto tecnico della Piccola Città ed io mi ero proprio immedesimato nello spirito di questa mia stage in Svezia. I miei famosi tre mesi a Stoccolma che mi rigirarono per benino tutto il resto della vita.
Ma che ne sapevo io? Novello Peter Pan alla ricerca dell'isola che non c'è un mondo magico popolato dai sogni che mi ero creato per anni lì a casa mia nei lunghi pomeriggi d'estate passati su una panchina del viale cittadino. "E che noia" dicevo sempre. L’arrivo ad Arlanda Airport movimentatissimo aeroporto di Stoccolma era stata un’emozione straordinaria. Mi venne a prendere un gentile dipendente della Ericsson che non conoscevo e capivo ben poco.
E mi vidi sfuggire Stoccolma lì nella Volvo Amazon nera mentre ci allontanavamo dal centro dalla città avanzando su uno di quegli imponenti ponti della Stora Essingen visti solo in televisione nei film americani verso le zone periferiche. Ma non restiamo a Stoccolma vicino al Palazzo Reale? Dicevo o pensavo anche io convinto che tutti gli svedesi abitassero a breve distanza dal Palazzo Reale e dal centro storico. Ma no, mi avevano ubicato fuori città in un lunghissimo viale alberato ombreggiato da betulle e aceri con una miriade di villette rosse di legno ai lati della strada una di fronte all’altra ordinata con precisione matematica tutte munite di quel pezzetto di prato con l'erba verde e bassa tagliata di fresco.
Dei cani abbaiavano nei giardini del retro. Bambini biondissimi e scalzi correvano nei giardini con pistole ad acqua, ridenti, spensierati, liberi. -Hej- mi dicevano e io non capivo perché credevo che ciao si dicesse -hello-. Nuova questa lingua svedese strana…Una vita fa. Surreale per me cresciuto nella parte povera della Piccola Città immerso nel dolce chiasso cittadino. E qui oggi, questa mia vita a pochi passi da Blackensvägen 23 la strada dove mi avevano ubicato. Chi l’avrebbe mai immaginato.
Sempre uguale questa strada di Älvsjö alcune delle villette hanno il rosso un po' sbiadito altre sono state imbiancate (o pitturate di un giallo molto chiaro e grigio sabbia!), i fiori sempre teneramente curati i bambini cresciuti i biondi sembrano essere partiti ed altri bruni li hanno sostituiti.
Ma la calma pomeridiana è sempre la stessa anche le macchine sembra che non vogliano far rumore. Il marciapiede è quasi tutto all’ombra e i cani fanno sempre lo stesso casino quando passo vicino agli steccati. Sobborgo svedese. Sì, sono smarrito, ma solo un po'!
/Franco