Mentre guardo chi sguazza, nuota e si diverte.
Oggi fa molto caldo, troppi a queste latitudini dove i sole non tramonta mai e panso a quando da ragazzo la desideravo negli acquazzoni d'agosto, la trovavo nell’odore acre della vinaccia del magazzino dove i pomeriggi lavavo bottiglie, nella sera quando i muri di calce struzzo emettevano calore e mi sedevo fuori dall'uscio sugli scalini di porfido in ombra, a pensare di ciò che mancava nella mia vita.
L’estate era nei pranzi che facevo a casa da solo, nelle scatolette di tonno con salsa e piselli, nel loro pessimo sapore di unto e di latta, nella fame che s’era accumulata in una infinita nuotata nel mare della mattonara. L’estate era l’ombra del portico alle quattro del pomeriggio, era l’alito di muffa e di fresco che veniva dalle grate della cantina, era suonare un campanello per consegnare una cassa di dodici bottiglie di vino a qualcuno che era già andato via.
L’estate mi prendeva a tradimento, sembrava che andasse piano ed era un tuono di caldo, mi faceva domande a cui non sapevo rispondere. I giorni passavano umidi di caldo, desiderando la notte, le passeggiate nella notte, le sedie di ferro verniciate di bianco del bar Barone già chiuso da ore, da solo o in compagnia, ad attendere qualcosa come una scia nel cielo, un segno, un presagio.
Era estate e non avevo sentito il suo passo lento, il vestito leggero, il profumo di pelle sudata, la sequenza d’ombre e sole che mi spingeva verso i muri sotto il porticato.
Tu, assieme agli altri, saresti arrivata con l’estate appena finita. Avevi nuove storie da raccontarmi. Io pensieri nuovi da farti, silenzi da imparare a memoria, la notte veniva prima ed era più fresca.
Odori e profumi si mescolavano, andavamo a letto sempre tardi, come stanotte, l’estate non finiva mai.
A domani!
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