Finché posso resto qui
La casa di nonna Labionda è in campagna e non c’è internet, non prende il telefono e gli europei si vedono con un televisore a tubo catodico, i post che leggete sono scritti di corsa, col telefono o da un computer al volo quando mi capita di essere connesso.
Non si sta malaccio, però, ogni tanto senza campo.
Ironia della sorte, di campi da arare ce ne sono quanti se ne vuole.
A casa di nonna Labionda la notte il giardino è fresco, si masticano lentamente ghiaccioli fatti in casa e tre candele alla citronella regalano l’illusione che le zanzare stiano lontane.
A casa di nonna Labionda la mattina non passa il camion dell'immondizia, in compenso passano tutti i vicini mentre si fa colazione.
A casa di nonna Labionda per lavare i piatti occorre mettere da parte l’acqua calda con la quale sono state bollite le patate, perché in cucina c’è solo il rubinetto dell’acqua fredda.
A casa di Labionda l’acquaio è una vecchia tinozza di zinco dove prima ci si lavano i piedi, dopo i piatti e si torna bambini.
A casa di nonna Labionda si respira, si ascolta la radio, si leggono libri, si vive lentamente.
Finché posso resto qui.
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